Una sala gremita attende l’arrivo del dott. Piercamillo Davigo, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati e consigliere di Cassazione, presso l’Aula Magna di Palazzo Matteucci. “Evoluzione della corruzione: studi di caso, esperienze, testimonianze”, questo il titolo della lectio magistralis introdotta dal Prof. Alberto Vannucci, direttore del Master, che così lo descrive: “Il dott. Davigo non è solo un magistrato, è anche uno dei migliori analisti di questi fenomeni”.
Subito tagliente l’intervento del magistrato, che in riferimento a un’inchiesta di corruzione in Brasile dice: “Sembra emergere che le nostre imprese continuino a pagare tangenti all’estero, il che fa pensare che continuino a pagarle anche in Italia”. Una vicenda molto simile a Mani Pulite, di cui racconta un aneddoto: “Molto spesso ci siamo sentiti dire ‘Perché non li avete arrestati prima? Lo sapevano tutti!’. Ma se lo sapevano tutti perché nessuno è andato a denunciarlo?”.
Tanti gli spunti e le riflessioni offerti al pubblico, e anche alcune analisi molto precise: “la corruzione è un reato occulto, seriale e diffusivo. Ma negli ultimi venti anni in questo paese non si è pensato a sconfiggere la corruzione, si è pensato a fermare le indagini e i processi contro la corruzione”.
Offre anche alcune strade da intraprendere: “introdurre forti norme premiali, quelle recentemente introdotte non bastano. Si potrebbe assicurare la non punibilità del primo che parla: sarebbe un soggetto non più affidabile per il sistema corruttivo, perché nessuno si fiderebbe più di lui. Si sarebbe raggiunto scopo di rieducare senza punire. Si dovrebbe anche introdurre le operazioni sotto copertura, già previste da convenzioni internazionali che Italia ha sottoscritto”. Richieste motivate dal fatto che “i danni della corruzione danneggiano molto più della delinquenza da strada, eppure sono molto più impuniti, i reati dei colletti bianchi sono tra i più impuniti: la corruzione è una delle devianze della classe dirigente“.
Il problema, continua Davigo, è che il “controllo sociale sul comportamento deviante da noi non funziona: amici e colleghi dovrebbero fare il vuoto intorno a chi ha comportamenti, sebbene legali, non adeguati”. Un’ultima riflessione dedicata anche all’introduzione del nuovo codice degli appalti: “se il mondo reale è quello che ci descrivono le poche persone che collaborano con la giustizia raccontando il sistema corruttivo italiano, che in alcuni settori è consolidato da ormai 45 anni, allora pensare di sconfiggerlo con il solo mondo delle leggi è fantascienza”.
In conclusione è il professor Vannucci a fare un appello: “una responsabilità forte è in capo alle Università, che formano le attuali e future classi dirigenti: è importante consolidare le reti sociali positive, approfondire e proseguire gli studi e le ricerche su questi temi”.